Cos'è
La residenza anagrafica è definita dall’art.43 del c.c.: “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale” (Vedi anche l’art.3, c.1, del d.P.R n.223/1989); pertanto ai sensi del codice civile la residenza è il luogo di abituale dimora, cioè il luogo ove abitualmente si esplica la vita familiare e sociale (circ. Ministero dell’Interno n.21/2001).
Una precisa e attuale definizione della residenza anagrafica la si trova in una sentenza della Cassazione civile, Sezione II, del 14 marzo 1986, n. 1738: "La residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali."
La giurisprudenza (cfr., ad esempio, Cass. 5 febbraio 1985, n. 791 Cass. Sez. II, 14 marzo 1986, n. 1738 e, precedentemente, Cass. Sez. I, 21 giugno 1955 n. 1925, Cass. Sez. I, 17 ottobre 1955 n. 3226, Cass. Sez. II, 17 gennaio 1972 n. 126, ecc.) ha distinto nell'ambito del concetto di residenza/dimora abituale un elemento oggettivo, costituito dalla stabile permanenza in un luogo, ed un elemento soggettivo, costituito dalla volontà di rimanervi.
Tuttavia l'elemento soggettivo non può essere una mera intenzione, bensì deve essere rivelato dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali (Cass., Sez. II, 14 marzo 1986 n. 1738); ne deriva che la residenza è comunque una situazione di fatto, alla quale deve tendenzialmente corrispondere una situazione reale e di diritto contenuta nelle risultanze anagrafiche.
Pertanto la sola dichiarazione resa da un soggetto all'ufficiale dell'anagrafe di non voler risultare residente in un certo comune o, viceversa, di voler risultare residente, non è di per sé sufficiente a determinare la cancellazione o l'iscrizione nell'anagrafe, occorrendo che il soggetto interessato provveda ad instaurare una situazione di fatto conforme a tale dichiarazione.
Ne consegue che:
- le persone hanno l’obbligo di chiedere l’iscrizione anagrafica nel Comune di residenza/dimora abituale (art.2 L. n.1228/1954);
- l’ufficiale di anagrafe ordina gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti e dispone indagini per accertare le contravvenzioni alle disposizioni di legge in materia anagrafica (art.4, L. n.1228/1954).
L'ufficiale di anagrafe è pertanto obbligato (Art 4 Legge n.1228/1954 e art.19 d.P.R. n.223/1989) a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l'iscrizione anagrafica (residenza), tramite accertamenti sul luogo dichiarato dai richiedenti.
Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di Polizia Locale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, e che deve poter verificare la sussistenza degli elementi soggettivi (volontà di stabilire la propria dimora abituale in un determinato luogo) e oggettivi (reale permanenza in quel luogo), costituita dal fatto che quel luogo sia il centro delle relazioni familiari e sociali della persona (Circolare Ministero Interni n.21/2001, parere Ministero Interni del 5/09/2006).
L’elemento soggettivo deve poter essere rilevato dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, e reso conoscibile attraverso la condotta del soggetto.
La residenza deve essere pertanto una situazione di fatto confermata dalle risultanze anagrafiche degli accertamenti.
La sussistenza del requisito della dimora abituale (residenza), può essere verificato anche in assenza dell’interessato, previo l’accertamento dell’effettiva presenza nel tempo del soggetto nel luogo da lui dichiarato (stato di utilizzo dell’immobile, consumi, informazioni raccolte dai vicini, ecc.).
Secondo un principio stabilito di recente da un ordinanza della Corte di Cassazione (sez.I, n.3841 del 5/02/2021), "La verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale in capo a chi richiede l'iscrizione anagrafica in un comune, prevista dalla legge all'art. 19 d.P.R. n. 223/1989, deve avvenire, da parte degli organi a ciò preposti, con modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l'esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni, in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato, con l'onere in capo al richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui".
Gli accertamenti devono essere svolti entro 45 giorni dalla richiesta di iscrizione anagrafica o di cambio di residenza.
Al fine di facilitare tale attività da parte degli operatori della Polizia Locale, si chiede di compilare il modulo in allegato al fine di indicare i giorni di effettiva presenza dei richiedenti presso l’abitazione; tali indicazioni non sono comunque vincolanti per gli operatori della Polizia Locale, che potranno comunque valutare la sussistenza del requisito della dimora abituale anche in assenza degli interessati e tramite gli elementi prima descritti.
L’esito di una verifica anagrafica con risultato negativo verrà comunicato agli interessati che, entro 10 giorni dalla comunicazione, potranno presentare elementi utili al fine dello svolgimento di nuovi accertamenti (Art.10bis Legge n.241/1990).
Per informazioni relativi agli esiti degli accertamenti effettuati dalla Polizia Locale, contattare il n.0535611039 il lunedì e mercoledì dalle ore 15:00 alle ore 18:00.