Le segnalazioni all'autorità di pubblica sicurezza e il reato di falso nelle dichiarazioni presentate ai Servizi Demografici
La segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza per la possibile falsa dichiarazione nell'ambito dei procedimenti dei Servizi Demografici
Gli addetti dei Servizi Demografici hanno il compito e ha la responsabilità di adottare ogni provvedimento e di eseguire gli adempimenti prescritti per la formazione e la tenuta degli atti anagrafici, di stato civile, elettorale, leva e polizia mortuaria, disponendo anche gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti denunciati dagli interessati. Hanno anche la facoltà di invitare gli interessati a fornire le notizie ed i chiarimenti necessari, nonché di interpellare, allo stesso fine, gli enti, amministrazioni ed uffici pubblici e privati.
Ciò perché la regolare tenuta è collegata alla duplice natura delle dichiarazioni inerenti i Servizi Demografici, che sono in sostanza dichiarazioni di volontà e di verità rispetto a quella che deve essere una situazione di fatto, dovendo quindi sempre prevalere l'elemento oggettivo.
La responsabiltà rispetto alle dichiarazioni dei cittadini è individuale, per questo è sempre fondamentale che le dichiarazioni indipendentemente dal mezzo con cui vengono rese - siano sottoscritte da ogni soggetto maggiorenne, in modalità classica mediante firma del documento cartaceo, o in modalità digitale mediante apposizione della propria identità digitale (SPID/CIE) o firma elettronica.
Si tratta di dichiarazioni di verità finalizzate anche a un pubblico interesse: ecco perché per coloro che non possono giuridicamente rendere le dichiarazioni (minori e interdetti) l'obbligo grava su chi esercita la responsabilità o la tutela. E qualora vi sia più di un soggetto, come accade tipicamente per i genitori, la volontà di uno non può ostare mai alla dichiarazione dell'altro, in quanto questa è soggetta all'obbligo di verità.
Nell’ambito dei Servizi Demografici, le dichiarazioni che vengono presentate sono a tutti gli effetti dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà e rientrano nel novero dei principi del decreto del presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,
La segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza
Per tutte le dichiarazioni sostitutive presentate alla pubblica amministrazione vi è la possibilità di applicare le responsabilità penali derivanti da eventuali dichiarazioni mendaci ai sensi degli articoli 75 e 76 del d.P.R. n. 445/2000:
Art. 75 Decadenza dai benefici
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 76, qualora dal controllo di cui all’articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.
1-bis. La dichiarazione mendace comporta, altresì, la revoca degli eventuali benefici già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l'amministrazione ha adottato l'atto di decadenza. Restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio.
Art. 76 Norme penali
1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà.
2. L'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.
3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell'articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l'autorizzazione all'esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.
Nell’ipotesi in cui emergano discordanze con la dichiarazione presentata da parte del cittadino, il funzionario dei Servizi Demografici deve segnalare quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza, al fine dell’adozione degli eventuali conseguenti provvedimenti.
L'autorità locale di pubblica sicurezza
A livello locale, le funzioni di autorità di pubblica sicurezza sono esercitate, ai sensi dell’art. 1 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e dell’art. 1 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635, dal Questore nei Comuni capoluoghi di provincia, dai funzionari preposti ai Commissariati di pubblica sicurezza negli altri Comuni e, in loro mancanza, dal Sindaco nella sua veste di Ufficiale di Governo, a norma dell’art. 54 del D.Lgs. 267/2000.
Falsa dichiarazione: una recente sentenza della Cassazione
E’ utile richiamare una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Penale, sent. Sez. 3 num. 17419 del 4/4/2023), che fornisce un quadro molto esaustivo sul tema, in cui la Corte evidenzia che la falsità nella dichiarazione integra il reato di falso in atto pubblico di cui all'art. 483 del Codice penale: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni”.
Dopo aver evidenziato che l'art. 76, comma 1, del d.P.R. n. 445/2000, che punisce "chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente decreto", non contiene un'autonoma norma incriminatrice ma opera un rinvio alle fattispecie incriminatrici previste dal codice penale e dalle legge speciali, affinché la falsa attestazione contenuta in un'autocertificazione o in unadichiarazione sostitutva possa essere ricondotta alla fattispecie ex art. 483 cod. pen. è necessario:
1) che il privato renda una falsa dichiarazione;
2) che tale attestazione sia resa ad un pubblico ufficiale;
3) che sia altresì resa in un atto pubblico;
4) che quest'ultimo sia destinato a provare la verità del fatto attestato.
Secondo la Corte, "da lungo tempo si è formato e consolidato l'orientamento di questa Corte, secondo il quale il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l'efficacia probatoria dell'atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero (Sez. U, n. 28 del 15/12/1999, Rv. 215413); tale principio è stato costantemente affermato anche con riguardo al delitto di cui all'art. 76 d.P.R. n. 445 del 2000, in relazione all'art. 483 cod. pen. (Sez. 5, Sentenza n. 16275 del 16/03/2010, Rv. 247260)".
Tutto ciò rientra a pieno nell'atto formato dal privato cittadino in base al DPR 445/2000, il quale "è per sua natura destinato a provare la verità" dei fatti in esso affermati, che concernono fatti, stati e qualità personali (Sez. 5, Sentenza n. 38748 del 09/07/2008, Rv. 242324)".
Di conseguenza, "le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli artt. 46 e 47, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale" e considerato il tenore letterale dell'art. 2699 cod. civ., che definisce la nozione di atto pubblico in riferimento al soggetto che lo emana secondo le previste formalità, notaio o altro pubblico ufficiale (…), ne deriva, pertanto, “l'illiceità penale, da inquadrare in una delle fattispecie astratte previste dal codice in tema di falsità in atti pubblici, nel caso in cui il privato rilasci una dichiarazione, ai sensi degli artt. 46 e 47, che sia falsa".
Trasparenza
Silenzio assenso/Dichiarazione dell'interessato sostitutiva del provvedimento finale
No