Cos'è
L'autorizzaizone alla sepoltura
L'autorizzazione alla sepoltura (inumazione o tumulazione), deve essere rilasciata dall'ufficiale di stato civile:
- in carta libera senza spese (art.10, tab.B, del d.P.R. n.642/1972;
- trascorse 24 ore dalla morte, fatti salvi i casi speciali previsti da leggi e regolamenti;
- dopo essersi accertato della morte per mezzo di un medico necroscopo.
In caso di morte violenta o quando esista un sospetto di reato, ovvero quando sia stato inviato un rapporto all'Autorità Giudiziaria o vi sia stato un intervento di questa, l'ufficiale di stato civile non può autorizzare la sepoltura se non previa acquisizione del nulla-osta rilasciato dalla stessa Autorità Giudiziaria.
Come può essere decisa la scelta della sepoltura
In riguardo alla scelta della tipologia di sepoltura (inumazione o tumulazione) non ci sono norme espresse. Esistono, piuttosto, norme consuetudinarie ed una serie di principi affermati da una costante giurisprudenza. Principi elaborati, data proprio l’assenza delle suddette norme, nel caso di conflitto tra i familiari del defunto, visto che in generale sono proprio costoro che scelgono il tipo di sepoltura sulla base di un tacito accordo che, nella maggior parte dei casi, non viene messo in discussione. Quindi è analizzando la giurisprudenza in questione che è possibile tracciare alcune linee guida.
Si parte dal considerare che “le spoglie mortali possono costituire oggetto di disposizione da parte del defunto in ordine al luogo e al modo della sepoltura e tale diritto, che rientra, come atti di disposizione del proprio corpo di cui all’art. 5 del codice civile e comunque secondo una radicatissima consuetudine, tra i diritti della personalità, per loro natura assoluti e intrasmissibili” (vedi Corte di Cassazione, sentenze n. 1527/1978 e n. 1584/1969).
Tra le varie forme attraverso le quali si può esprimere la scelta della sepoltura c’è senza dubbio il testamento, che può contenere (a norma dell’art. 587 del codice civile) anche “disposizioni di carattere non patrimoniale”, che dottrina e giurisprudenza hanno interpretato come riferentesi anche alla destinazione della propria salma (Corte di Cassazione, sentenza n. 12143/2006).
Ma è in assenza di testamento che la volontà del defunto può essere espressa anche oralmente. Tale forma di volontà si concretizza sia nelle scelte fatte dal defunto quando era in vita, sia in una manifestazione di volontà espressa oralmente ma in maniera chiara ed univoca (Corte di Cassazione sentenza n. 2034/1990).
Afferma in proposito la Suprema Corte che l’esistenza ed il contenuto di un simile mandato costituisce questione di fatto che generalmente spetta al giudice accertare (in caso di contenzioso) attraverso tutti gli strumenti di prova considerati idonei.
Per quanto invece riguarda l’individuazione di colui che deve far rispettare la volontà del defunto, la Corte di Cassazione con sentenza n.2034/1990, ha ritenuto che lo stesso debba intendersi il “congiunto più prossimo ovvero, cumulativamente, alle persone stesse alle quali la volontà sia stata confidata e legate al defunto da particolari vincoli di affetto, di amicizia e di stima, essendo da supporre, salvo prova contraria che, in casi del genere, la scelta della persona, cui si voglia far conoscere la propria volontà ultima relativa al destino delle proprie spoglie mortali, coincida con la scelta della persona cui si voglia raccomandarne, magari insieme ad altri, l’esecuzione”.
Ma nel caso in cui il defunto non abbia manifestato alcuna volontà, il diritto di scelta della sepoltura spetta ai congiunti i quali, così facendo, realizzano anche un interesse proprio, che è quello di avere vicino la tomba del defunto, così da poterne avere cura e da poter trarre conforto dalla sua vicinanza. E qui si pone il problema di “quali” siano i congiunti deputati ad esercitare questo diritto, sempre per il fatto che non ci sono norme espresse.
La Corte di Cassazione, in alcune pronunce, ha affermato la prevalenza dello “ius coniugii” sullo “ius sanguinis”, per cui ha titolo a decidere della sepoltura il coniuge o all’unito civilmente se c’è e, in assenza, altri parenti.
Ma ci sono state, nel tempo, anche pronunce (vedi la sentenza del Tribunale di Frosinone n. 1057/2017) che hanno riconosciuto questo diritto ad altri familiari sulla base del legame affettivo che questi avevano col defunto. In sostanza, in luogo di una gerarchia che vede prevalere il legame di coniugio, alcuni giudici hanno optato per una valutazione degli interessi affettivi e di cura di cui altri familiari erano portatori nei confronti del defunto.
Negli anni si è arrivati ad una sorta di equiparazione tra il coniuge e il convivente tale che il termine “familiare” deve essere esteso anche a quest’ultimo. La convivenza, infatti, deve essere intesa quale “formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare”, mentre la famiglia si ha, indipendentemente dal rapporto di coniugio, “allorché via sia un nucleo domestico stabile e continuo, portatore di valore di stretta solidarietà anche di carattere economico, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni suo componente”.
In ragione di tale stretto legame, il convivente può esercitare il diritto alla scelta del sepolcro, che comprende anche il diritto di traslare la salma da un luogo ad un altro.
Pertanto si può ritenere che, indipendentemente dalla dichiarazione in forma scritta del defunto, anche il convivente di fatto possa avere titolo a decidere delle sue spoglie mortali in ragione del legame affettivo che li accomuna e che può essere stata oggetto anche di dichiarazione all’ufficiale di anagrafe, nel momento dell’istituzione della convivenza di fatto.
L'autorizzazione alla cremazione
Per la sua intrinseca irreversibilità, la cremazione è sottoposta ad un procedimento autorizzatorio più complesso rispetto a quello previsto per la sepoltura.
Infatti mentre per quest'ultima è sufficiente l'accertamento della morte, mediante acquisizione del certificato necroscopico, e attendere il decorso temporale di 24 ore, per la cremazione è invece necessario verificare che:
- la volontà di scelta della cremazione da parte del deceduto o dei soggetti legittimati;
- l'esclusione della morte sospetta dovuta a reato.
A prescindere dalla manifestazione di volontà in qualunque modo espressa, la richiesta di cremazione deve essere corredata da:
- certificato in carta libera redatto dal medico curante o necroscopo, dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato;
- nulla osta dell'autorità giudiziaria, in caso di morte improvvisa, violenta o sospetta, dal quale deve espressamenterisultare che il cadavere può essere cremato;
Nel caso di cittadini stranieri l'autorizzazione alla cremazione va rilasciata sulla base delle norme che regolamentano la cremazione nello Stato di appartenenza del defunto. Deve pertanto essere acquisita una dichiarazione rilasciata dalle autorità nazionali del defunto, dalla quale risulti che la legge di quello Stato prevede la possiiblità di cremare i propri cittadini.
E' anche possiible procedere alla cremazione di cadaveri che precedentemente siano stati inumati o tumulati, alle medesime condizioni prima descritte.
Chi può decidere la cremazione
Se per accedere all'inumazione o alla tumulazione non è previsto alcun particolare procedimento, nel caso della cremazione è necessario che l’ufficiale di stato civile, che ha il compito di rilasciare la relativa autorizzazione, acquisisca la volontà del defunto o dei familiari.
E' previsto che la volontà del defunto sia espressa attraverso il testamento, oppure attraverso l’iscrizione ad una società di cremazione (SOCREM). Se non c’è né l’uno né l’altra, si passa a considerare la volontà dei familiari.
Il testamento
Questo può essere pubblico (quello redatto dal notaio in presenza di due testimoni), segreto (scritto dal testatore o da altri e, una volta sottoscritto dal testatore, deve essere consegnato al notaio), oppure olografo (scritto dall’interessato di suo pugno, datato e sottoscritto).
La differenza tra queste forme di testamento è che mentre quello pubblico non necessita di pubblicazione ma deve solo essere registrato nel repertorio generale, quello segreto e quello olografo devono essere pubblicati per poter essere eseguibili. Da ciò consegue che all’ufficiale di stato civile dovrà essere prodotto:
- copia autentica rilasciata dal notaio, nel caso di testamento pubblico;
- copia autentica rilasciata dal notaio con l’attestazione dell’avvenuta pubblicazione, sia per il testamento segreto che per quello olografo.
La L. 130/2001 (art. 3, c. 1, lett. b, n. 1) prevede anche che il testamento possa essere disatteso qualora “i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria stessa”. Tuttavia il legislatore non ha disciplinato nel dettaglio questo aspetto (come avrebbe dovuto fare in base a quanto espresso nella stessa legge 130/2001) e pertanto si ritiene che per superare un testamento non sia sufficiente una semplice dichiarazione sottoscritta dal defunto, che non fornisce alcuna garanzia riguardo alla sua autenticità.
L'iscrizione alla società di cremazione
Nel caso in cui il defunto abbia aderito, in vita, ad una Società per la Cremazione, l’ufficiale di stato civile dovrà acquisire la dichiarazione da parte del rappresentante legale della società nella quale si certifica che il defunto è rimasto iscritto fino al momento del decesso.
Anche in questo caso la previsione legislativa prevede che l’iscrizione non debba essere considerata qualora “i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto fatta in data successiva a quella della iscrizione alla socrem”. Ma per questo valgono le stesse considerazioni fatte al punto precedente.
La norma prevede anche che l’iscrizione alla socrem “vale anche contro il parere dei familiari”, a dimostrazione che la volontà del defunto è prioritaria.
I famigliari
Esclusa la presenza di un testamento o di una iscrizione alla Socrem, entra in gioco la volontà dei familiari o meglio del coniuge/unito civilmente, se presente, o di tutti i parenti più prossimi individuati ai sensi degli artt. 74, 75, 76 e 77 cod. civ.
I parenti, cioè coloro che discendono da uno stesso stipite (art. 74), hanno titolo a manifestare la volontà del defunto soltanto qualora lo stesso non sia coniugato/unito civilmente, vale a dire se è celibe, vedovo oppure divorziato (Si rammenta che nel caso di separazione personale, dato che questa non interrompe il rapporto di coniugio, competente a manifestare la volontà alla cremazione è il coniuge separato e non, ad esempio, i figli o altri parenti).
Una riflessione particolare merita anche la persona che sia convivente di fatto, cioè parte di una convivenza costituita in maniera conforme a quanto previsto dalla legge 76/2016. Infatti tale norma prevede che “Ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieno o limitati… b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie” (art. 1 c. 40) e ancora che “la designazione di cui al comma 40 è effettuata in forma scritta e autografa”.
Non vi è dubbio che quando si parla di modalità di trattamento del corpo, in essa rientra anche la destinazione del corpo dopo la morte e dunque anche la cremazione. Pertanto, anche il convivente di fatto può farsi portatore della volontà alla cremazione espressa dal partner deceduto, purché sia stato designato da quest’ultimo a rappresentarlo.
Riguardo alla forma dell’atto di designazione, il comma 41 si esprime nei termini di “forma scritta”, senza ulteriori specificazioni, e naturalmente sottoscritta: da ciò si evince che non è richiesto un atto pubblico e nemmeno la firma autenticata. In sostanza, il convivente superstite si farebbe “portatore” della volontà alla cremazione dell’altro convivente deceduto.
Maggiori problemi pone il caso in cui il coniuge o l’unito civilmente esista (vale a dire non sia deceduto e non ci sia divorzio tra le parti) ma si trovi in una particolare situazione che gli impedisca di rendere la dichiarazione, ovvero:
- sia irreperibile di fatto, in questo caso non ci sono soluzioni, a meno che l’ufficiale di stato civile non faccia un provvedimento di rifiuto alla richiesta di cremazione presentata da altri parenti, con il quale i familiari possano far ricorso al tribunale;
- sia interdetto, in questo ci aiuta la L. 130/2001, che prevede che nel caso di minori di età e di interdetti la volontà è manifestata dai legali rappresentanti (art. 3, c. 1, lett. b, n. 4).
- sia soggetto ad amministrazione di sostegno; qui è necessario fare una premessa e cioè che l’essere beneficiario dell’amministrazione di sostegno non significa essere privati della capacità di esercitare i diritti personalissimi, anzi, molto più spesso questo istituto ha la funzione di dare un aiuto a persone che sono ben in grado di intendere e di volere e dunque assolutamente capaci di esprimere la volontà alla cremazione per il coniuge deceduto. Sarà pertanto il decreto del giudice tutelare che dovrà stabilire cosa potrà fare l’amministratore di sostegno, che potrà dichiarare la volonta del defunto alla cremazione solo se si evince chiaramente che non ci sono limitazioni per l’esercizio dei diritti personali.
Diverso è il caso in cui ad essere beneficiario dell’amministrazione di sostegno è la persona deceduta, ma in questo caso l’amministratore non ha alcun diritto o potere di fare la dichiarazione: una volta che la persona è deceduta, l’amministratore decade e dunque a rendere la dichiarazione dovrà essere il coniuge/unito civilmente o i famigliari più prossimi.
Nel caso in cui il coniuge o unito civilmente che deve manifestare la volontà non sia interdetto, non sia beneficiario di amministrazione di sostegno, ma sia comunque in condizioni fisiche e/o psichiche tali da non essere in grado di farlo, l’ufficiale di stato civile non può procedere a raccogliere la suddetta dichiarazione, di conseguenza non potrà che rifiutarsi di raccogliere la dichiarazione ed emanare un provvedimento di rifiuto.
Nel caso di assenza del coniuge o unito civilmente o convivente di fatto, abbiamo detto, entrano in gioco i parenti a partire dai più prossimi: quindi i figli, a seguire i nipoti e così via, fino al 6^ grado.
Facendo la norma riferimento in maniera generica ai parenti devono intendersi sia quelli in linea retta (figli, nipoti, ecc.) che quelli in linea collaterale (fratelli o sorelle, i figli di questi e così via), calcolati come previsto dagli artt. 75 e 76 del codice civile: che sono i parenti ad avere titolo a manifestare la volontà, è che se questi non ci sono, non potranno essere gli affini.