Cos'è
La legge di bilancio dell'anno 2023 ha stabilito che dal 1° gennaio 2024 il Reddito di Cittadinanza sarà abolito, e verrà sostituito dall'Assegno di Inclusione.
Per una descrizione dell'Assegno di Inclusione o un confronto comparativo tra i due benefici si rimanda ai documenti in allegato.
Il “Reddito di cittadinanza” è una misura di sostegno economico rivolta alle famiglie con un reddito inferiore alla soglia di povertà. Per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, il reddito di cittadinanza assume la denominazione di “pensione di cittadinanza”, quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane.
Lo strumento è stato introdotto con il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4 denominato “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” e convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.
L’articolo 2 del d.L. n. 4/2019 prevede, per l’ottenimento del beneficio, oltre ad una serie di requisiti economici e patrimoniali, anche il possesso di determinati requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno.
In particolare, relativamente ai requisiti di cittadinanza e di soggiorno il componente che richiede il beneficio deve trovarsi in una delle seguenti condizioni:
- essere cittadino italiano
- essere cittadino dell’Unione Europea in regola con le norme sul soggiorno;
- essere cittadino di paesi terzi o apolide in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (la necessità di tale requisito è stato confermato dalla Corte Costituzionale n.19 del 25/01/2022) o essere titolare di protezione internazionale;
- essere cittadino di paesi terzi familiare di cittadino italiano o comunitario, in possesso di un permesso di soggiorno o della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.
Per familiari si intendono:
- il coniuge;
- il partner che ha contratto con il cittadino UE un’unione registrata (matrimonio o unione civile) sulla base della legislazione di uno Stato membro;
- i discendenti diretti di età inferiore a 21 anno o a carico e quelli del coniuge o del partner;
- gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o del partner.
In relazione ai requisiti di residenza, il beneficiario deve essere residente in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, in modo continuativo.
I controlli sui requisiti relativi alla cittadinanza e alla residenza, nel nostro Comune vengono condotti dall’Ufficio Anagrafe, sulla base delle disposizioni degli organi competenti (Ministero del Lavoro ed INPS).
Gli uffici hanno dai 30 ai 45 giorni (oltre ai tempi per le eventuali comunicazioni o richieste ad altri Enti Pubblici o all’interessato) per completare i controlli, che possono coinvolgere anche i Comuni di precedente residenza e la Questura per la verifica dei permessi di soggiorno.
Nel caso in cui i controlli avessero un esito negativo, l’interessato deve essere convocato in Comune al fine di chiarire la propria posizione.
Nel caso in cui anche l’interessato non riesca a fornire sufficienti elementi per concludere positivamente i controlli, l’esito negativo dei controlli verrà confermato e comunicato all’INPS, che potrebbe interrompere l’erogazione del contributo e chiedere la restituzione di quanto già elargito, e agli organi giudiziari ai fini dell’eventuale denuncia penale per falsa dichiarazione.
I cittadini italiani
Per gli italiani, sono ovviamente sufficienti i requisiti anagrafici: la residenza decennale e la residenza negli ultimi due anni continuativi dalla data di presentazione della richiesta del Reddito di cittadinanza.
Cittadini Ue e loro familiari Ue
Oltre alla residenza anagrafica, occorre fare riferimento a quanto prevede la normativa in materia di diritto di soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari in Italia, cioè la Direttiva 2004/38/CE e il decreto legislativo n. 30/2007.
I cittadini europei, in base all’interpretazione fornita dall'Inps, devono essere in possesso dei requisiti di “regolarità del soggiorno” previsti dal d.Lgs. n. 30/2007 e cioè, in concreto:
- in possesso di un “attestato di regolarità del soggiorno” o di un “attestato di soggiorno permanente”, il cui rilascio dovrebbe essere agli atti del Comune di residenza, registrato nella banca dati anagrafica;
- in alternativa, deve soddisfare i requisiti di regolarità del soggiorno di cui all'art. 7 del medesimo decreto legislativo (oltre ovviamente ai vari casi particolari indicati in altri articoli del decreto).
Non si dimentichi, infatti, che gli attestati di regolarità del soggiorno per i cittadini europei sono sempre facoltativi, rappresentando una sorta di agevolazione alla documentazione del diritto di soggiorno che non può mai essere resa obbligatoria. L'articolo 25 della citata direttiva europea, infatti, dispone che "il possesso di un attestato d'iscrizione di cui all'articolo 8, di un documento che certifichi il soggiorno permanente, della ricevuta della domanda di una carta di soggiorno di familiare di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente, non può in nessun caso essere un prerequisito per l'esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa, in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova".
Molto importante sarà verificare, ancora una volta, lo status di familiare che dovrà essere correttamente registrato in anagrafe.
Cittadini stranieri non comunitari
- In possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo: è l’unico permesso di soggiorno a validità illimitata. Non ha scadenza e non deve essere rinnovato, ma solo “aggiornato”; resta comunque valido anche se non viene aggiornato, salvo che venga revocato espressamente dalla Questura. Se ancora in circolazione, sono ovviamente valide anche le vecchie carte di soggiorno a tempo indeterminato.
- In possesso di un permesso di soggiorno di qualsiasi tipologia per i «familiari extracomunitari di cittadino italiano o dell’Unione europea»: per il concetto di «familiare» occorre fare riferimento all’art. 2 del D.lgs. n. 30/2007, che trova, infatti, applicazione anche nei confronti dei familiari di Paesi terzi.
- Titolari di protezione internazionale: devono essere in possesso di un permesso di soggiorno per protezione internazionale, ovvero “asilo” e “protezione sussidiaria”.
E’ evidente che tutti i cittadini stranieri titolari di altre tipologie di permessi di soggiorno non hanno diritto al Reddito di cittadinanza.
La conclusione negativa dei controlli
L’art. 7, comma 13, del decreto-legge n. 4/2019 dispone che “la mancata comunicazione dell'accertamento dei fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di decurtazione o decadenza della prestazione determina responsabilità disciplinare e contabile del soggetto responsabile, ai sensi dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20”.
In base al successivo comma 14, poi, “nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del Rdc, i comuni, l'INPS, l'Agenzia delle entrate, l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), preposti ai controlli e alle verifiche, trasmettono, entro dieci giorni dall'accertamento, all'autorità giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica”.
Siamo, quindi, di fronte a due conseguenze diverse: la prima è l’accertamento del mancato possesso dei requisiti, mediante l’inoltro della pratica a Inps; la seconda è l’inoltro del “fascicolo”, cioè delle risultanze raccolte, all’autorità giudiziaria, quindi alla Procura della Repubblica.
La segnalazione al Procuratore della Repubblica dovrà essere effettuata, sostanzialmente, nel caso in cui il richiedente non risulti in possesso dei requisiti di residenza e/o soggiorno alla data della presentazione della domanda di RdC: si tratterà, tuttavia, non di denuncia ma di semplice segnalazione di “eventuale” dichiarazione mendace e di illegittimo godimento dei benefici.
Come già detto, nel caso in cui i requisiti di residenza e soggiorno risultino posseduti alla data della presentazione della domanda, ma non al momento dei controlli, dovrà essere effettuata una semplice segnalazione di illegittimo godimento dei benefici (art. 7 c. 14, D.L. n. 4/2019).