L'art. 43 c.c. definisce il domicilio e la residenza nei seguenti termini:

  • La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 144 c.c.)
  • Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (art. 14 Cost., artt. 45 e 46 c.c.)

La residenza

Corrisponde al luogo in cui il soggetto ha la sua dimora  abituale, che si caratterizza per la compresenza di:

  • un elemento materiale: stabilità della dimora
  • un elemento psicologico: l'intenzione di dimorare in un certo luogo in maniera stabile.

Il domicilio

Corrisponde al luogo in cui la persona "ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi". Secondo la giurisprudenza in esso sono ravvisabili due elementi:

  • oggettivo: la presenza obiettiva dei propri interessi e rapporti economici;
  • soggettivo: l'intenzione del soggetto di fissare in un certo luogo il centro dei propri affari o interessi.

La Costituzione si occupa del domicilio all'art. 14 del testo, che definisce "inviolabile". Esso è infatti tutelato dalla riserva di legge e di giurisdizioni al pari della libertà personale. Il domicilio quindi ha, per il Costituente, un significato più ampio rispetto alla nozione civilistica, in quanto include tutti i luoghi in cui la persona, al fine di tutelare la propria riservatezza, esclude soggetti terzi, al fine di esercitare e praticare liberamente i propri diritti legati alla sfera più intima della persona.

La dimora o abitazione

Concetto diverso da quello di residenza è la dimora o abitazione pura e semplice, che definisce il luogo in cui un soggetto soggiorna in via puramente temporanea. L'esempio più tipico di dimora è rappresentato dalla casa per le vacanze, il cui il soggetto soggiorna solo nel periodo estivo.

Residenza: che cos'è?

La legge definisce la residenza come "il luogo in cui la persona ha dimora abituale", cioè il luogo in cui il soggetto vive abitualmente e in cui ha l'indirizzo della sua abitazione principale.

Il Regolamento UE 763/2008 all'art.2, lett.d), fornisce una definizione precisa della residenza/dimora abituale: il luogo in cui una persona trascorre normalmente il periodo di riposo giornaliero, indipendentemente da assenze temporanee per attività ricreative, vacanze, visite ad amici e parenti, affari, trattamenti sanitari o pellegrinaggi religiosi.

Una precisa e attuale definizione della residenza anagrafica la sitrova in una sentenza della Cassazione civile, Sezione II, del 14 marzo 1986, n. 1738: "La residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali."

La giurisprudenza (cfr., ad esempio, Cass. 5 febbraio 1985, n. 791 Cass. Sez. II, 14 marzo 1986, n. 1738 e, precedentemente, Cass. Sez. I, 21 giugno 1955 n. 1925, Cass. Sez. I, 17 ottobre 1955 n. 3226, Cass. Sez. II, 17 gennaio 1972 n. 126, ecc.) ha distinto nell'ambito del concetto di residenza/dimora abituale un elemento oggettivo, costituito dalla stabile permanenza in un luogo, ed un elemento soggettivo, costituito dalla volontà di rimanervi.

Tuttavia l'elemento soggettivo non può essere una mera intenzione, bensì deve essere rivelato dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali (Cass., Sez. II, 14 marzo 1986 n. 1738); ne deriva che la residenza è comunque una situazione di fatto, alla quale deve tendenzialmente corrispondere una situazione reale e di diritto contenuta nelle risultanze anagrafiche.

Pertanto la sola dichiarazione resa da un soggetto all'ufficiale dell'anagrafe di non voler risultare residente in un certo comune o, viceversa, di voler risultare residente, non è di per sé sufficiente a determinare la cancellazione o l'iscrizione nell'anagrafe, occorrendo che il soggetto interessato provveda ad instaurare una situazione di fatto conforme a tale dichiarazione.

Ne consegue che:

  1. le persone hanno l’obbligo di chiedere l’iscrizione anagrafica nel Comune di residenza/dimora abituale (art.2 L. n.1228/1954);
  2. l’ufficiale di anagrafe ordina gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti e dispone indagini per accertare le contravvenzioni alle disposizioni di legge in materia anagrafica (art.4, L. n.1228/1954).

Il nostro ordinamento prevede l'obbligo per i tutti cittadini di stabilire la propria residenza, registrandola presso l'ufficio anagrafe del Comune in cui risiede, tramite la compilazione di un'apposita dichiarazione.

Entro 45 giorni dall'espletamento di questa formalità, gli agenti della Polizia Locale devono recarsi presso l'indirizzo dichiarato per verificare se corrisponde a quello reale. Se dal controllo emerge che il dichiarante non vive all'indirizzo fornito all'Ufficio Anagrafe, il soggetto sarà sanzionato con una multa.

La residenza é certificabile dal Comune.

Residenza: effetti

La legge sanziona chi non provvede a fissare la propria residenza perché a questo luogo sono collegati importantissimi risvolti legali, tra i quali figurano:

  • l'accesso ai servizi demografici (richiesta e ricezione di certificati anagrafici) ed elettorali (iscrizione alla lista) del Comune di residenza;
  • l'adempimento di tutte le formalità legate alla celebrazione del matrimonio;
  • la scelta del medico di famiglia;
  • la competenza territoriale degli uffici giudiziari e la ricezione di raccomandate e atti giudiziari.

Domicilio: elezione generica e specifica

Se il domicilio è il luogo in cui una persona stabilisce "la sede principale dei suoi affari e interessi", si presuppone che il soggetto debba sceglierlo o, come prevede la legge "eleggerlo". L'elezione di domicilio, a differenza di quanto accade per la residenza, non è una pratica di natura amministrativa, ma una dichiarazione espressa del soggetto.

Ora, mentre l'art. 43 c.c. prevede l'elezione di domicilio generica, ossia per tutti gli affari o interessi, della persona, l'art. 47 c.c. disciplina quella "speciale: "Si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari. Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto".

  • L'esempio più tipico di elezione di domicilio generico, si ha quando un libero professionista fissa o elegge il proprio domicilio presso lo studio in cui svolge la sua attività: ensiamo ad un commercialista, ad un legale o a un medico.
  • L'esempio più tipico di elezione di domicilio speciale, per specifico affare invece è quella che si effettua nel momento in cui in cui si conferisce mandato scritto ad un legale. In questo caso è evidente che l'elezione di domicilio è necessaria e funzionale ai soli fini dell'assistenza e della rappresentanza in giudizio. L'avvocato infatti deve conoscere tutto ciò che ha a che fare con la causa giudiziale in cui è coinvolto il cliente. Grazie all'elezione di domicilio, egli ha la possibilità di conoscere immediatamente tutte le comunicazioni e le notificazioni relative alla controversia poiché verranno recapitate presso il suo studio.

Si può quindi affermare che, quando un soggetto è coinvolto in un affare specifico (causa) o generale (attività libero professionale o altro) può eleggere domicilio in un luogo specifico, che da quel momento diventa il punto di riferimento esclusivo per tutti coloro che hanno necessità di interagire con lui.

E' importante inoltre menzionare l'art. 45 c.c. perché, riconosce a ciascun coniuge il diritto di fissare liberamente il proprio domicilio, indipendentemente dal luogo eletto dall'altro. La norma, nel pieno rispetto della riforma del diritto di famiglia, ha superato la precedente formulazione secondo cui il domicilio della moglie corrispondeva, per previsione di legge, a quello eletto da marito.

E' importante ricordare che il domicilio, a differenza della residenza, non é certificabile o attestabile da nessuna pubblica amministrazione, ma può essere solo dichiarato dal diretto interessato.

Elezione legale di domicilio

La regola della elezione del domicilio subisce alcune eccezioni.

La legge, infatti, per tutelare certi soggetti, si sostituisce alla volontà del singolo: l'art. 45 c.c. ad esempio, prevede che il minore abbia il domicilio nel luogo in cui hanno residenza la famiglia o il tutore, mentre nel caso in cui i genitori siano separati o il matrimonio è stato annullato o si è sciolto, il minore abbia il domicilio presso il genitore con cui convive. Per l'interdetto invece il domicilio è quello del tutore.

Domicilio e residenza possono coincidere?

Da quanto detto finora, domicilio e residenza hanno finalità diverse. Questo non significa che non possano coincidere.

La coincidenza di residenza e domicilio si desume dalla formulazione dell'art. 44 c.c, secondo cui: "Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una diversa dichiarazione nell'atto in cui è stato denunciato il trasferimento della residenza".

Non è raro infatti che, chi lavora da casa (telelavoro o smart working) o abbia ricavato al suo interno un piccolo ufficio o studio in cui gestire la parte amministrativa della sua attività, sia domiciliato presso la propria residenza. In questo modo, nello stesso luogo, verranno recapitate dalle bollette dei consumi di casa (energia elettrica, gas, riscaldamento), ai documenti di lavoro.

Casi particolari

Una forma particolare di domicilio é la residenza temporanea, a cui si rimanda nella pagina di questo sito.

Trasparenza

Silenzio assenso/Dichiarazione dell'interessato sostitutiva del provvedimento finale
No